Da oltreoceano, dove ci siamo uniti per qualche articolo agli Stonemasters, sposto in Europa, anche se lasciamo sempre un po’ di acqua a separarci dal territorio di cui voglio iniziare a parlarti. Ti va di accompagnarmi? Allora seguimi!
Arriviamo in Gran Bretagna e per cominciare a trattare di questo stile di arrampicata e della sua storia, ho interpellato un alpinista che ha scritto, parlato e vissuto questa esperienza in diverse zone al di là della Manica.
Ciao Maurizio, so che tu conosci bene il territorio britannico e le zone dove si arrampica. Vorrei farti qualche domanda, soprattutto sull’area del Galles. Come presenteresti questo ambiente arrampicatorio?
Il Galles è molto ampio, ci sono tantissime falesie e in Gran Bretagna c’è un detto: “non c’è varietà di roccia come in Galles”, nel senso che rispetto ad altri posti, come il Peak District o lo Yorkshire o il Lake District, la roccia è variegata.
Ti faccio un esempio: una scogliera che sta nel Galles del Sud è completamente diversa dalla zona più famosa e storica come la Snowdonia.
Il Galles è una delle zone più storiche dell’arrampicata in Gran Bretagna.

Quindi ci sono diversi contesti e storie…
Ogni zona ha una storia diversa perché tutte presentano una roccia differente.
Se vai a Llanberis è completamente diversa da Gogarth oppure da Rhoscolyn o Tremadog. Ho visitato quasi tutte queste zone perché in Inghilterra sono stato invitato al meeting della BMC nel 2005 e ho arrampicato nelle diverse aree con uno degli scalatori storici del posto, Graham Desroy (autore anche di una delle guide del Galles), che mi ha fatto provare molte pareti.

Qual è la differenza più sostanziale rispetto alle nostre pareti?
Innanzitutto devi tenere presente che si parla di pareti non attrezzate, a parte alcune aree dove sono stati chiodati dei tiri diventati storici per l’arrampicata sportiva come Sea of Tranquility a Lower Pen Trwyn, nel Galles (la via di grado 8c+ è stata liberata da Ben Moon nel 1993, vicino alla sua famosa Statement of Youth, ndr).
Ma la maggior parte delle pareti non sono attrezzate e in questa situazione, quando non hai protezioni, la differenza tra granito, calcare e altre tipologie di roccia la senti.
Qual è il tipo di roccia più comune in Gran Bretagna dove si scala?
L’arenaria è la più diffusa, poi c’è il granito, presente soprattutto nell’area della Cornovaglia; famose sono le scogliere calcaree e poi ci sono la dolerite e l’ardesia, molto presenti in Galles.
Il territorio britannico è praticamente una grande climbing area dove tutte le zone hanno caratteristiche diverse.

La Gran Bretagna è famosa per il clean climbing, ma, prima hai citato proprio Ben Moon, è presente anche l’arrampicata sportiva, con linee famose in tutto il mondo. Anche lì convivono questi due mondi?
Direi di no, perché nel Galles, come ti ho detto, principalmente si parla di arrampicata trad, una tradizione inglese. Poi ci sono delle piccole pareti o alcune aree che sono tradizionalmente dedicate all’arrampicata sportiva, però sono pochissime.
Io sono capitato proprio un mese fa in un’area del Peak District di cui non sapevo nemmeno l’esistenza: ci sono vie sportive, ma non sono attrezzate bene come da noi. Insomma, la sicurezza è un po’ opinabile: gli spit sono lontani, il primo è altissimo… I britannici non hanno un senso dello sport paragonabile al nostro.
Quando osservi gli Slate, sembrano delle lastre a specchio e lì le vie a spit sono veramente pochissime: la maggior parte si sale posizionando dei piccoli nut nelle fessurine, anche se si tratta di placche esposte.
Lì si usano i chiodi oppure è raro?
Li usavano, poi sono stati eliminati negli anni. L’arrampicata inglese ha una grande tradizione, si comincia dai primi del ‘900, e in quell’epoca ovviamente i chiodi si usavano. Poi sono stati pian piano eliminati, ma ben prima dell’invenzione dei friend.
Prima erano stati inventati i nut, su cui c’è la famosa storia* che racconta di quando avevano tolto i bulloni delle ferrovie per costruirli, e nel Galles si usano principalmente questi, anche per la conformazione del roccia, che ospita meglio i nut piuttosto dei friend. Lì non ci sono delle fessure come in Yosemite, ma sono dei veri e propri muri di roccia.


Nella tua zona, se vai a Rocca Pendice (Teolo) più o meno puoi farti un’idea della roccia presente nel Galles, ma senza spit (ride, ndr).
A Tremadog, ad esempio, c’è una roccia simile, scura, che presenta di tanto in tanto delle crepe: lì si mettono i nut, sali principalmente con gli stopper, insomma.
[*La leggenda identifica il luogo di nascita del nut con la ferrovia lungo l’avvicinamento a Clogwyn Du’r Arddu, una delle falesie simbolo dell’arrampicata libera gallese. Negli anni Cinquanta gli arrampicatori britannici scoprirono che i dadi da macchina in acciaio che si trovavano sparsi lungo i binari funzionavano molto meglio dei sassolini come protezione per l’arrampicata. Le sfaccettature esagonali consentivano un’azione di incastro più consistente, mentre i fori centrali permettevano di collegare i nut al cordino. [Fonte: www.climbing.com]]
Anche lì, come è capitato in Yosemite, hanno eliminato i chiodi per preservare la roccia? A furia di piantare e togliere i chiodi sulla parete si è finito per generare fori che oggi si utilizzano addirittura come prese…

Sì, anche per questo.
Tieni conto che le pareti della Gran Bretagna non sono mai troppo alte, a parte alcune come in Snowdonia. Quelle famose arrivano a tre tiri al massimo, quindi il preservare questo terreno di gioco è importante per i climber.
Un contesto che è molto diverso dal nostro: in Gran Bretagna i tiri sono quasi patrimonio della storia dell’arrampicata e su moltissimi si sono aperte tante discussioni. Se osservi i forum inglesi, vedrai che si discute all’infinito su tanti aspetti. Quindi l’idea di rovinare i tiri con dei chiodi era ed è proprio impensabile.
Certe pareti storiche del Galles possono assomigliare lontanamente a quelle della Valle dell’Orco e magari qualche chiodo nel 1930 l’hanno usato, ma oggi non si usano assolutamente più.
E questo stile è entrato nell’etica inglese.
E c’è anche da dire che ad esempio nelle pareti del Peak District è quasi impossibile piantare chiodi: nelle fessure svasate si usano soprattutto i friend.

Hai definito la mentalità britannica ‘molto diversa dalla nostra’: significa che qui ci impegniamo meno a preservare le pareti, la roccia?
No, semplicemente abbiamo una storia diversa. Innanzitutto la nostra è una storia che viene dal chiodo: l’arrampicata di oggi, anche quella sportiva, deriva da quella alpinistica, è nata così, da quella tradizione, e noi abbiamo un passato di conquista delle montagne, un’attività che oltretutto è molto diversa dal salire un tiro in falesia. Noi abbiamo acquisito la consapevolezza che tiri alti anche solo 20 metri valevano come le salite in montagna con l’avvento del Nuovo Mattino.
Se tu parli di Nuovo Mattino in Gran Bretagna, ti guardano come se fossi uno zombie, perché loro la pensavano così fin dagli anni ’50.

Lì non avevano una mentalità di conquista: avevano e hanno per la maggior parte paretine alte 10, 20, 25 metri e per loro la sfida era lì, quindi c’era una consapevolezza diversa, non ambientale, ma semplicemente più sportiva, più competitiva. Quei 20 metri acquisivano per loro l’importanza che noi davamo sulle Alpi alle vie lunghe. Perché sulle Alpi, fino agli anni ’70, non guardavano nemmeno le vie brevi.
Una mentalità più sportiva, però non tanto in relazione alla sicurezza, date le pochissime protezioni e la tendenza a non piantare spit…
Non è sportiva nel senso che intendiamo noi. È sportiva nella storia di ogni tiro, che va liberato in buono stile, ad esempio. Pensa che la scala inglese è stata coniata addirittura sull’arrampicata vista, solo dopo si è iniziato a provare le lunghezze. Ancora adesso la gran parte degli scalatori inglesi sale a vista, ovviamente dal basso.
Non è quindi una mentalità sportiva competitiva, ma semplicemente basata sul mettersi in gioco.

L’artificialismo quindi è inimmaginabile.
L’artificialismo non c’è stato, se non probabilmente un minimo intorno agli anni ’40-’50.

Ho letto le varie biografie di grandi arrampicatori come Johnny Dawes, Ron Fawcett, Jerry Moffatt e altri in cui raccontano di queste cave dove andavano a scalare da ragazzini e dove c’erano dei tiri che avevano dei chiodi e che erano stati superati dai pionieri in artificiale. Loro provavano a togliere questi chiodi e a salire i tiri in libera. E questo avveniva già alla fine degli anni ’60.
Quindi parliamo di uno stile diverso da quello che era il nostro italiano, ma anche differente da quello americano della Golden Age, ad esempio, almeno in parte.
Sono stili completamente diversi.
Tu pensa che i friend sono stati inventati da Ray Jardine, un americano, però in America non ha trovato nessuno che li producesse e infatti il primo che l’ha fatto è stata in Inghilterra la Wild Country, un luogo dove gli scalatori avevano già una sensibilità ben diversa da altre zone in relazione all’arrampicata libera. Parliamo di circa l’inizio degli anni ’70. Poi sono cambiate le cose anche in America.
Grazie mille, Maurizio!
Aggiungo alcuni passi del libro Ben Moon di Ed Douglas:
“Dalla metà degli anni Sessanta fino ai primi anni Ottanta Stoney Middleton (Peak District) aveva rappresentato una terra di frontiera per l’arrampicata britannica, il luogo in cui si sviluppano i più importanti progressi. Amato da alcuni, ma considerato da altri tetro e claustrofobico, costituiva il laboratorio per saggiare e spostare in avanti i limiti dell’arrampicata, e questo suo ruolo non può assolutamente essere messo in discussione. Frequentando quel luogo, Ben si stava inserendo sempre più fermamente in un arco della storia dell’arrampicata che si spingeva indietro nel tempo fino al diciannovesimo secolo.
Inizialmente l’arrampicata non era altro che una forma di allenamento degli alpinisti per le grandi montagne, ma già verso la fine dell’Ottocento cominciò a svilupparsi come disciplina a sé stante.”
“Fino agli anni Ottanta circa, mettere spit su roccia britannica era praticamente proibito, con l’unica chiara eccezione rappresentata dall’arrampicata artificiale. Pen Irwyn, come molte altre falesie tra le più importanti dello Yorkshire e del Derbyshire, era stata una popolare destinazione per l’arrampicata in artificiale negli anni Cinquanta e Sessanta, e alcune delle vecchie vie presentavano spit nelle sezioni troppo lisce, per unirle alle altre salite con chiodi tradizionali o dadi.
C’erano spit anche su altri tipi di roccia, perfino sul grit delle cave, ma rappresentavano delle anomalie ed erano generalmente assai criticati. Durante gli anni Settanta, quando il livello dell’arrampicata sportiva cominciò a salire prepotentemente, molte di quelle vecchie vie di artificiale furono salite in libera, usando i chiodi tradizionali come protezioni. A Pen Trwyn gli arrampicatori sportivi rimpiazzarono alcuni di questi chiodi con degli spit, perché la salsedine poteva, con il tempo, corroderli al punto che non avrebbero più retto una caduta, e così il fatto di metterne anche di nuovi non sembrò più un sacrilegio.”
“L’incredibile progresso nel livello dell’arrampicata verificatosi negli anni Settanta grazie agli sforzi di climber del calibro di Tom Proctor, Pete Livesey e Ron Fawcett, si rivelò essere, alla luce dei fatti, solo l’inizio. Tuttavia, il miglioramento nella pura difficoltà tecnica non sarebbe potuto proseguire sulle pericolose vie tradizionali, e per alcuni arrampicatori del momento la difficoltà tecnica delle vie che venivano aperte era molto più interessante che assumersi grandi rischi e fronteggiare la pressione psicologica che comportavano.”
Sto per esplorare un altro universo e un’altra storia: ho già aperte nel desktop un sacco di finestre del browser con numerosi pannelli dedicati ognuno a un argomento da trattare sull’arrampicata britannica. Wow, non vedo l’ora!
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Fonte immagini: ukclimbing.com

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