Ricordi com’è andata sul K2 del 1954?
La spedizione era composta da alcuni dei migliori alpinisti dell’epoca, tra cui Walter Bonatti e Erich Abram.
“Io ero quasi sempre in tenda con Walter Bonatti e con Cirillo Florianini. Occidentalisti ed orientalisti (alpinisti con esperienza sulle Alpi occidentali o orientali N.d.R.) erano in ugual numero. Favoriti erano gli occidentalisti perché abituati al ghiaccio, al misto e alle quote più alte, ma poiché il K2 non è una passeggiata su neve, ma c’è dell’arrampicata, dove la parete si impenna, erano davanti i ‘dolomitisti’.“
(Fonte: “Alpinisti silenziosi” su web.archive.org – Intervista a cura di Ermanno Filippi ed Augusto Golin a Erich Abram)

Sappiamo che a capo della spedizione c’era il discusso Ardito Desio (ingegnere e geologo prima che alpinista), che Riccardo Cassin venne escluso (probabilmente perché Desio temeva che la fama del Ragno avrebbe potuto oscurare la sua), che in vetta arrivarono Lacedelli e Compagnoni, che i 50 anni successivi furono densi di discussioni e polemiche, fino a quando una commissione del CAI confermò la versione di Walter Bonatti, secondo cui Compagnoni e Lacedelli avrebbero spostato senza comunicazioni il Campo 9 un po’ più in alto, con il conseguente bivacco senza tenda a 8.000 metri di Bonatti e il portatore locale Amir Mahdi, incaricati del trasporto delle bombole di ossigeno.
“In occasione dell’indagine storica dei Tre Saggi incaricati dal Club Alpino Italiano di accertare la verità storica sui fatti del 29-30 e 31 luglio 1954 sullo Sperone Abruzzi del K2, la sua testimonianza si è rivelata fondamentale (anche sulle questioni tecniche relative alle bombole d’ossigeno), per ricostruire gli avvenimenti relativi alla parte finale della scalata della seconda montagna più alta della Terra.”
Fonte: http://www.mountlive.com

“Erich Abram era un orientalista, in teoria. Ma oltre ad aver conosciuto il Caucaso, non aveva scalato solo in Dolomiti, dove ha legato il suo nome alla celebre via aperta sullo spigolo a lui intitolato del Piz Ciavazes, nel Gruppo di Sella.”
Alessandro Filippini
“[…] Fu fatto prigioniero sugli Urali alla fine della guerra, ma riuscì a tornare nel 1947. Fu allora che iniziò a scalare a livelli sempre più alti, sulle vie più difficili delle Dolomiti: al suo attivo si contano numerose prime ascensioni e ripetizioni di vie importanti, quelle che lo fecero conoscere a livello internazionale. Grazie a quelle imprese, fu selezionato per partecipare alla più grande spedizione italiana del secondo dopoguerra: la conquista del K2, nel 1954. […] Sua anche la prima palestra di arrampicata in Europa, aperta a Bolzano, e lo sviluppo di un modello di scarpette per l’arrampicata, le Abram.”
Club Alpino Italiano
“Erich Abram è stato uno dei migliori alpinisti del ‘900, soprattutto dal punto di vista tecnico, ma anche per il suo intuito di osare, per non dimenticare la sua simpatia e l’autoironia. Abram è stato il primo scalatore altoatesino ad aver cambiato l’alpinismo. L’unico e con Walter Bonatti l’unico italiano sulla lista delle star dell’alpinismo mondiale, esposta al suo museo della montagna a Castel Firmiano a Bolzano.”
Reinhold Messner

(Abram è l’unico nome presente nella lista a Castel Firmiano dove Messner ha raccolto i grandi – viventi – della montagna secondo precisi suoi canoni, come ‘l’aver compiuto grandi imprese fra i venti e i 45 anni e di aver superato i 70 anni’.)
Abram divenne guida alpina nel 1954. Negli anni era tra i più forti, ma faceva parte di quella categoria di alpinisti (ricordiamo tra i tanti altri Casarotto, Cozzolino, Vinatzer…) che le grandi imprese se le tenevano per sé.
“Sono nato a Vipiteno, poi la mia famiglia si è trasferita a Bolzano, dove c’era la casa dei nonni materni. Nel 39/40 c’erano già state le opzioni, anche se non erano ancora arrivate alla conclusione: chi é andato é andato, chi é rimasto é rimasto. Io stavo in mezzo, perché ero già andato in Austria a studiare. Avevo cominciato ad arrampicare a 14 anni e, naturalmente, ad Innsbruck ho continuato. A 16,17 facevo già il 6° grado.
A Innsbruck in quegli anni cominciava ad arrampicare nel Kaisergebirge anche Hermann Buhl, che apparteneva ad un piccolo gruppo dove era sempre preso in giro perché era un tipo particolare: era il più giovane, aveva 14 anni, e per dimostrare le proprie capacità aveva fatto una serie di vie molto difficili. C’era anche Karl Gombocz, un austriaco che, nella vita, faceva il falegname. Il Kaisergebirge è un gruppo montuoso a nord di Innsbruck dove ci sono vie fantastiche su calcare, vie che io ho ripetuto anche recentemente malgrado adesso siano troppo frequentate essendo a ridosso di Monaco. Solo il progresso dei materiali e le nuove tecniche di assicurazione in parete fanno sì che non ci siano più incidenti. Una volta ci si assicurava a spalla, le corde erano rigide e non avevano elasticità in caso di cadute.
Nella mia vita solo una volta ho fatto la guida a pagamento ed in due abbiamo guadagnato cinquanta lire. Un signore ci ha visto arrampicare sulla Preuss alla Piccolissima di Lavaredo e quando siamo scesi ci ha chiesto di fare la Piccola con lui. Noi lo abbiamo accompagnato, ma senza pensare di chiedere alcun compenso. Invece ho sempre accompagnato gli amici in montagna.”
(Fonte: “Alpinisti silenziosi” su web.archive.org – Intervista a cura di Ermanno Filippi ed Augusto Golin a Erich Abram)

Arruolato nella seconda guerra mondiale tra gli uomini delle truppe alpine, Erich Abram fu mandato nel Caucaso.
“Ci siamo fatti un intero inverno a 4000 metri senza ricoveri fissi, con le sole uniformi. Alla fine del ’42, dopo la battaglia di Stalingrado, siamo rimasti isolati in una sacca ed abbiamo ripiegato verso la Crimea, nel fango che era peggio della neve, specialmente per i fanti che non avevano le nostre scarpe da montagna.”
(Fonte: “Alpinisti silenziosi” su web.archive.org – Intervista a cura di Ermanno Filippi ed Augusto Golin a Erich Abram)
Catturato dai russi alla fine della guerra, nel 1948 venne liberato e ricominciò a scalare.

Sostenute e con l’intervento dell’artificiale ancora secondario sono le vie aperte da lui e dall’altro forte sudtirolese Otto Eisenstecken (come ricorda nel suo libro Storia dell’alpinismo Gian Piero Motti).
“Dopo due settimane dal rientro dalla prigionia ho fatto la Steger alla Est del Catinaccio. Poi ho ripreso con il 6° grado insieme con gente che andava già bene. Quando gli altri si sono stancati ho cominciato ad andare per conto mio e ho ripetuto tutte le vie del Civetta. La Solleder, la Comici, la Torre di Valgrande, il Pan di Zucchero, la Tissi, la Torre Trieste, la Torre Venezia. Sono stato accettato nell’Hochgebirgegruppe, un gruppo scelto dell’Alpenverein Südtirol (AVS), ma non è stato facile perché quelli più vecchi pensavano che noi giovani fossimo solo capaci di arrampicare appendendoci ai chiodi per superare certe difficoltà in parete. Staffler, Perathoner mi hanno ritenuto abile per il loro gruppo, c’era anche Wachtler. Noi avevamo bisogno di un gruppo di cui far parte perché in quegli anni del dopoguerra non c’erano i materiali, i soldi per andare fuori zona. Oggi è diverso. Allora si andava in bicicletta fin su al passo Sella; poi con Reiter abbiamo comperato una moto, così potevamo andare in Brenta e un po’ più lontano, anche in Monte Bianco.
La stessa spedizione al K2 era una grossa opportunità per noi, solo il viaggio era per l’epoca una cosa riservata a pochi: ci volevano due giorni di volo con il vecchio DC8. Arrivati in Pakistan, era ancora un’altra avventura. Quando mi hanno chiamato per il K2 avevo già una sfilza di vie di 6° grado, prime aperture e ripetizioni. Ad esempio ho fatto la prima ripetizione della Vinatzer alla Marmolada, con un ragazzo giovane che poi è morto qui sulla Buratti alla Laurinswand. Veramente sarebbe stata la seconda ripetizione, perché prima di noi c’erano stati dei lecchesi che però alla fine sono stati recuperati in parete per via del maltempo. Lì se nevica non ti muovi più, dovresti aspettare alcuni giorni in bivacco, ma non sempre è possibile. Così noi siamo stati i primi a completare la ripetizione. Sempre in Marmolada ho fatto tre volte la Micheluzzi perché è troppo bella. La Vinatzer ha tiri da 40 metri senza un chiodo. Vinatzer a suo tempo era un po’ spavaldo, aveva forza e intelligenza, lui conosceva la montagna, entrava in parete e la faceva.

[…]
Una volta sono caduto sulla Livanos alla Grande di Lavaredo. Cinque o sei chiodi sono saltati; solo i chiodi della sosta hanno per fortuna tenuto. Nella caduta, la corda mi ha raschiato il braccio fino all’osso. Quando sono tornato a casa mio padre mi ha chiesto ironicamente se mi faceva male; forse pensava che non mettevo la stessa passione in altre attività. Ma, se andava bene, incassavi tutto e zitto! Faceva parte dell’esperienza alpinistica. Arrampicando si deve avere anche fortuna.
Queste vie dovrebbero essere ripetute dagli arrampicatori moderni non perché siano per loro difficili, anzi, ma per farsi una esperienza generale sull’arrampicata in montagna; vedo alcuni giovani che quando fanno la Micheluzzi al Ciavazes,smettono perché la trovano complicata, l’attacco della via è lontano anche se a dire il vero è quasi in piano e la discesa è facile e veloce, ma queste cose non sono più di moda.”
(Fonte: “Alpinisti silenziosi” su web.archive.org – Intervista a cura di Ermanno Filippi ed Augusto Golin a Erich Abram)
È passato qualche anno da questa intervista ma il pensiero di Abram è ancora attuale. Certo, da riadattare al contesto e ai tempi di un presente fitto di novità, di volontà esasperate di conquistare il successo, sia personale ma soprattutto mediatico.
Eh sì, non l’ho utilizzata a caso la parola conquista. Perché è vero che oggi è sempre più lontana (salvo eccezioni) l’idea della conquista della montagna, ma a sostituire la montagna è proprio il successo, e la conquista ritorna, a suon di numeri, menzioni, sponsorizzazioni e soldi.
Ma nel cuore di tanti arrampicatori e alpinisti, anche giovani, la fiamma nel loro cuore è ancora accesa. È una fiamma che scalda l’animo e l’amore per quella parte di natura che ci fa essere più vicino al cielo di ogni altra cosa.
Scopri di più da avevo le vertigini
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
