È una mattina di marzo, il sole si fa notare in un cielo azzurro di quella che appare come una giornata splendida: l’illusoria brezza ancora invernale è attenuata dalle temperature ormai primaverili e noi siamo all’imbocco del sentiero di avvicinamento.
A far che? Giusto, scusami, dimenticavo l’informazione principale: Francesco Leardi ha pubblicato su Facebook la sua nuova via (qui la relazione che ho creato io con le informazioni raccolte dai testi di Francesco Leardi), aperta in più riprese e dal basso nel Gennaio 2023 da lui (C.A.A.I. Gruppo Orientale), Mauro Florit (C.A.A.I. Gruppo Orientale), Jimmy Rizzo (C.A.I. Marostica) e Fausto Maragno (C.A.I. Camposampiero).
Torniamo all’avvicinamento: dopo esserci preparati, ci incamminiamo lungo il sentiero segnato che in venti minuti circa ci porta all’attacco della nuova via. La nostra sarà la IV ripetizione.
Il primo tiro è in pratica uno zoccolo erboso di 20 metri, alla cui base ci accoglie il nome della via: Il Fantasma della Mente. Perché questo nome? Chi meglio di lui può spiegarlo: Francesco Leardi, tra gli autori della via.
“I FANTASMI DELLA MENTE
Percorrere un qualsiasi sentiero della Val Brenta o della Valsugana è come tuffarsi nel passato.
Occorre avere occhi, fantasia, cuore e perché no affrontare con sacrificio lunghe salite.
I dislivelli sono sempre importanti perché dal Brenta alle sommità sono sempre minimo dagli 800 ai 1000 metri ed oltre ma a prescindere dal valore sportivo ciò che rapisce il pensiero e ti pone davanti ad infiniti interrogativi è come l’uomo abbia potuto addomesticare il territorio con la fitta rete di sentieri che percorrono valli e crinali e come si svolgesse la vita in quelle contrade abbarbicate sui ripidi fianchi della montagna.
La mente immagina i personaggi del tempo con le logore camicie, larghi pantaloni, vecchi scarponi e berretti ormai sdruciti dal tempo che percorrono il selciato che porta alle case e aspettare il tempo; il tempo per coltivare il tabacco, per tagliare la legna, per sistemare le masiere, in quella semplicità ed essenzialità per noi difficile da comprendere.
Ma almeno dobbiamo tentare di capire per riacquistare in noi valori che stanno sfumando.
D’altrode Saint-Exupéry scrisse per le nostre meditazioni la ben nota e profonda frase “L’essenziale è invisibile agli occhi” e molto spesso cerco di afferrarne il significato.
La salita che da Valstagna porta al Monte Cornone ti immerge in un mondo parallelo che evoca i ricordi della grande guerra e dalla metà del sentiero fino alla cima gli interrogativi cambiano prospettiva e sono molteplici.
Se penso che il mio intento mentale quotidiano era molto più leggero mi trovo coinvolto ad entrare in un’altra maschera che è quella del viandante nella storia.
Mi tuffo ora per chiarire la vacuità del mio impegno se paragonato ai più simbolici valori espressi dal territorio.
Ebbene quando nel nostro ambiente di arrampicatori le vocine parlano di nuovi sogni occorre prestare molta attenzione, talvolta con malcelata indifferenza ma sempre con deferenza per carpire spunti che possiamo fare nostri perlomeno a livello mentale se non materiale.
Così la mente si affolla di tutti questi fantasmi che non sono altro che placche, spigoli, pilastri, spazi verticali con immaginarie linee di progressione.
Insomma ho fatto un giro di perlustrazione in un territorio che già conoscevo e percorso altre volte, ma che oggi ho guardato con occhi diversi meravigliandomi della mia precedente superficialità.
Devo riconoscere che il sentiero è tutt’altro che banale da un punto di vista escursionistico, non per difficoltà tecniche, ma per alcuni tratti di tracciato un poco esposti.
Stupitevi pure della genialità del tracciato, provate a essere voi i progettisti del sentiero nel tempo e del tempo e vi accorgerete della capacità e dell’intuizione necessari per realizzare questi progetti.
Meravigliatevi anche delle fatiche degli alpini sovrastati dagli austriaci e costretti a contrattaccare per conquistare la sommità del Monte Cornone.
Un tiepido sole quasi primaverile mi accoglie sulla cima, guardo le foto che ho fatto e scrivo a Mauro che per il 2023 gli regalerò un progetto.
Chissà se questo fantasma nella e della mente prenderà forma, e siccome le montagne e le pareti non sono mie, ho voluto condividere questi miei pensieri con il popolo dei benpensanti verticalisti.
D’altronde le voci di corridoio che ho afferrato mi hanno dato nuova vitalità e interessi che pensavo di avere momentaneamente accantonato, ma gli orizzonti non hanno mai limite.
Scendo a valle guardando dentro me stesso, interrogandomi sul tempo che sfugge e che tento di convertire affannosamente in continue emozioni.
Il sole è sceso dietro il crinale e la valle è ormai in ombra.
Solo il mio fantasma è rimasto al sole sbeffeggiando gli istanti e l’immaginario che gli ho tributato.”
[Testo virgolettato scritto da Francesco Leardi il 1° gennaio 2023]
“Quando si termina una via su una grande parete non si completa solo un tracciato fisico, ma si dipingono tanti quadretti di un fumetto, insomma si scrive una storia.
Per aprire un itinerario in Valsugana e Val Brenta mediamente ci si impegna da uno a tre mesi in base al tempo atmosferico ovviamente, in base alle difficoltà, in base a svariati dettagli tecnici ma soprattutto in base alla motivazione che spinge al risultato.
Ebbene tutti questi mesi di tentativi, tutte queste giornate colmano i quadretti bianchi del fumetto, tante piccole storie, aneddoti, dialoghi, giochi di luce, stagioni che mutano, orizzonti che si ampliano via via che si sale.
Per essere sincero molte volte l’azione prevale e annulla ciò che ti circonda; esiste davanti a te il piccolo riquadro di quel metro con il quale ti dovrai misurare o di quell’angolo dove fai sosta e brontoli per il caldo e tremi per il freddo e ti incavoli se il compagno è troppo lento e così molte volte chiudi gli occhi e cerchi di far volare la fantasia mentre il primo di cordata si chiede perché la corda non viene!
Oggi abbiamo salito e ripetuto “I fantasmi della mente” al Monte Cornone che forse avevo sognato in vite precedenti, chissà, ma anche per questo momentaneo istante , e direi per fortuna, è prevalsa la realtà e la storia a fumetti si è per così dire interrotta.
Ma presto volgerò le pagine.
La solita e fraterna stretta di mano ha lasciato spazio a fantasmi e folletti che per rimarcare la loro presenza in cima al pilastro ci hanno lasciato un segno tangibile della loro permanenza, per ricordarci che la felicità che traspare dalla nostra storia è la somma di tanti istanti che come il dono che ci hanno lasciato verranno consumati nel tempo.
Consumati ma conservati e poi saremo pronti per altri doni!
Non ci sarà mai la parola fine per un fumetto del quale ormai ho la consapevolezza che sarà a puntate, e per le mie pagine bianche che qualcuno sfoglierà ci sarà sempre uno spazio da occupare, perché le montagne trasudano delle nostre storie e perché noi stessi saremo sempre “la montagna”.”
[Testo virgolettato scritto da Francesco Leardi il 18 febbraio 2023]
Tranne il nono tiro, che è una cengia erbosa di circa 10 metri, questa via sportiva di 10 lunghezze ne presenta 8 caratterizzate da un’arrampicata continua, tecnica e di equilibrio su frequenti tratti di placca appoggiata. Ma ci sono anche diedri, fessure e traversi, strapiombi non troppo accentuati nel tiro con passo di 6c e uno da superare con una logica sequenza (chi cerca trova), che è il passo chiave della via, gradato 7a.
L’itinerario è protetto benissimo, si sviluppa per circa 240 metri esposto completamente al sole e la difficoltà obbligatoria è di 6a+ e A0 (il grado massimo in libera è 7a).









Mi sono divertita molto in questa scalata, toccando con mano cosa significa ripetere una via nuova, non ancora del tutto pulita, ma proprio per questo riesci a percepirne l’essenza, a toccarle l’anima, perché ancora è nella sua fase più pura. Ok, qualche pezzo di roccia mi è rimasto in mano, ma se cerchiamo sempre la strada più facile, non avremmo molte opportunità di crescere. Non trovi?
Questa composizione di tratti di parete e stili di arrampicata mi hanno accompagnato in una salita dove la mia mente è stata sempre occupata nel comprendere, assimilare, ascoltare i rumori, visualizzare ogni fenditura. È stato forse questo il mio fantasma della mente: una concentrazione talmente alta da togliermi per lunghi attimi la paura?
E quando la paura scompare ti senti estraniato da tutto: consapevole di essere in parete e quindi con una soglia di attenzione comunque elevata, l’assenza della paura ti libera per quel brevissimo periodo di tempo da tutto ciò che il mondo ti offre e ti impone. Non è la sensazione che provi normalmente in una salita, va oltre. Non è la solita concentrazione, è un mondo parallelo che ti fa scordare le emozioni o che, forse, te le esalterebbe alla follia se qualcosa in quel momento accadesse.
Non so se è stato un fantasma, certo in me una parte indefinita, per alcuni attimi, è scomparsa. Ed è stata una sensazione che voglio assolutamente riprovare.