“Vuoi provare il nastro blu?”
“Sì, spero non sia troppo difficile.”
“Bene, inizia là, a destra.”
Mi volto verso una piccola parete con delle prese a forma di disco, in legno.
“Ok.”
“Dai, ti segno io le prese: provalo.”
Mi sento a mio agio in questa palestra, diversa da quella dove ho iniziato e che tutt’ora la considero casa. Mi sento a mio agio nonostante la consapevolezza che la maggior parte delle persone che la frequentano è molto più forte di me. Nonostante lì dentro ci siano stati e si allenino campioni nazionali e internazionali di arrampicata sportiva.
Va bene, non sono al loro livello e non lo sarò mai, ma cosa importa?
Io amo arrampicare: osservo una presa come il gatto la farfalla, l’afferro come le redini un cowboy, mi fido di lei.
La partenza è semplice: il calore del legno della presa che prendo con due mani mi fa sentire protetta, mi dà la carica, sostiene il mio entusiasmo.
Non è così al passaggio successivo: l’intensità del traverso blu si fa sentire già alla terza presa, appesa alla parete perpendicolare, a strapiombo, dove si svolge la via. L’afferro con la mano sinistra, spallata, porto il peso verso di lei e mi appendo. Incrocio le braccia per andare avanti, sostengo come posso con i piedi il peso del mio corpo. È iniziata la sfida.
L’istruttore segna le prese con un palo in legno: è difficile su uno strapiombo vedere i nastri sotto le prese che tracciano il percorso.
Lo sforzo e l’apnea iniziano a padroneggiare sulla mia coscienza. Cerco la velocità, per perdere meno forza possibile e resistere con braccia e addominali, ma non conosco la via e talvolta le indicazioni non sono subito comprensibili.
“Qui devi incrociare: porta il destro sul giallo e poi afferra la nera qui, sul volume rosso.”
Il bastone si muove velocemente, troppo. Le parole si sormontano, le braccia cedono, il respiro diventa più corto e veloce. Il piede scivola, sbandiero. Le mani come uncini tentano di trattenere le prese, ma no. Cado.
“Brava, ne hai: l’hai quasi finito. Non era semplice, ci vuole forza e resistenza.”
Forza e resistenza. E saper affidarsi di più ai piedi, che devono sostenere il peso per alleviare la tensione alle braccia, così da mantenere la forze e aumentare la resistenza.
Ma l’istinto spesso prevale: mi affido di più alle braccia. Quando dovrei ricordarmi delle gambe. Come dovrei ricordarmi di me.