Giallo

palestra arrampicata boulder aza

Come il sole, come la luce, come il divano su cui ogni sera mi stendo e mi addormento.

Avevo provato quel boulder due giorni prima e sono riuscita ad arrivare alla penultima presa, ma non ad arrivare al top.

Nemmeno a sfiorarlo.

L’ho solo guardato, trattenendo il fiato e prendendo la mira. Ma nulla, mi sono lasciata cadere sul materasso.

“Sei troppo stanca, non puoi provare un boulder tre volte in tre minuti. Devi riposare, perdere la tensione, ritrovare la consapevolezza e usare la testa, non solo la forza.”

Il mio maestro ha ragione: ero stanca e non avevo azzeccato il bilanciamento, perché ho sbagliato l’appoggio del piede. Già, arrivata all’ultimo passo, non ho capito più nulla.

Stasera ho riposato circa 9 minuti, temo di non riuscire di nuovo nella mia impresa, ma non sarà la mia perplessità a fermarmi. Colgo l’occasione per riprendere un po’ di fiducia in me stessa e mi decido.

A passo svelto raggiungo la parete. E senza pensarci due volte afferro le prese, appoggio prima il piede sinistro e poi quello destro sulle piccole tacche in basso e lascio che lo spigolo segni una linea che divide a metà il mio corpo.

Guardo in alto a destra la presa successiva: si trova dietro di me sullo strapiombo, che mi accompagnerà per tutto il boulder.

Devo raggiungere la tacca con la mano sinistra, perché subito dopo dovrò afferrare la presa successiva con la destra.

Lancio afferro la tacca lascio i piedi appoggio il destro sul quasi invisibile appoggio spingo la gamba piegata è in tensione addominali la mano destra arriva alla piccola tacca che miravo.

Nessuna pausa: la gravità mi trattiene, non posso assecondarla.

Con la mano sinistra lancio all’ennesima tacca, salgo con il piede sinistro, libero il destro, continuo con la mano destra verso la terzultima presa, rilancio alla penultima.

Eccolo il punto che mi ha paralizzato l’altro giorno. Ma ricordo cosa ho sbagliato, il movimento che non ho fatto. Non voglio essere vittima di quella distrazione un’altra volta: sposto il piede sinistro e lo appoggio dove pochi secondi prima avevo la mano. La presa è proprio sotto il top.

Lo vedo, è lì, a un movimento da me.

Con il piede sinistro lì ancorato tutto è possibile: raggiungo il top con la mano sinistra, ma non è finita, devo accoppiare.

Cambio piede, distendo in avanti la gamba sinistra per condurre il mio spostamento e bilanciare il mio peso, così che anche la mano destra possa arrivare al top.

Accoppio. Resto in posizione tre secondi. Mi metto nella giusta posizione per scendere.

Sorrido.

Chiusa anche la gialla.

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