Al primo tiro ascolti il rumore metallico della corda che batte contro una targa gialla, una di quelle che trovi solitamente nei boschi per avvisarti che lì non puoi cacciare. E infatti in quella targa c’è scritto “Divieto di caccia“, ma non è solo un monito. È il nome della nostra via di oggi al Sojo Bostel, aperta da Tranquillo Balasso e Ivan Dal Corno il 17 giugno 2021.

La parete esposta a sud ci invita a salire nonostante le velature e l’aria fredda. Ci fidiamo del sole e del Bostel, e partiamo per una nuova avventura.
Il primo tiro (abbiamo salito la variante a sinistra dell’attacco originale) è caratterizzato da una roccia in diversi punti friabile: è un tiro iniziale, dobbiamo ancora scaldarci e l’instabilità dei tratti ci mette a dura prova, facendoci esplodere di tensione, ma tutta la via è protetta molto bene.

Già nel secondo e nel terzo tiro assaporiamo una salita più snella, con bei passi e una roccia molto più compatta.

Nei tiri centrali percorriamo due cenge per la maggior parte su erba e tra piante.

Il sesto, il settimo e l’ottavo tiro ci inebriano con una roccia fantastica e un’arrampicata davvero interessante. Il passo di settimo nel sesto tiro ci fa penare, ma ne vale questa pena. Dell’ottavo è protagonista un bel traverso: alla sosta immersi nell’ombra folate di vento gelido mi spingono all’avanzata facendomi dimenticare la paura di cadere con un bel pendolo. Ma questo traverso non è come sembra: può mettere un po’ d’ansia all’inizio, ma c’è tutto quello che serve per raggiungere la sosta che appare qualche metro in su sullo spigolo.
Nel nono tiro ci arrampichiamo con il supporto degli alberi e fine: siamo fuori da una nuova bella via!

Ho tralasciato un particolare. Vorrei fare un in bocca al lupo all’arrampicatore che è caduto su una via poco lontana da noi. Abbiamo capito che qualcosa non andava quando abbiamo visto volare l’elicottero in perlustrazione poco sotto di noi mentre eravamo in parete. L’elisoccorso non è riuscito a recuperare lo scalatore e allora una squadra di soccorritori l’ha raggiunto con una calata. Forza!

In montagna si rischia, lo sappiamo. E anche se siamo accorti, esperti o le nostre azioni sono perfette, può esserci una roccia che si stacca, un chiodo che salta o un errore fatto accidentalmente. Ci si può far male e in alcuni casi può succedere anche di peggio. Ne siamo consapevoli, certo, ma inconsciamente siamo sicuri che a noi non capiterà mai. È un comportamento spontaneo del nostro cervello allontanare da noi la possibilità che possa accaderci qualcosa. Annullare gli incidenti non è possibile, ma prevenirli è possibile, con un comportamento corretto, mettendoci la testa, limitando la nostra incoscienza. Non dobbiamo dare nulla per scontato. Anche i più grandi alpinisti della storia lo sanno: la montagna è meravigliosa, ma anche imprevedibile e non fa sconti a nessuno.
Da principiante quale sono ne devo ancora imparare di lezioni, dalla montagna e dagli alpinisti e arrampicatori esperti che ho la fortuna di conoscere. Ma soprattutto ho capito che la montagna va ascoltata, come un amico: a volte puoi non capirla e allora attendi e chiedile di rispiegarti cosa voleva dirti. Se non ne ha voglia, ritorna e porgi di nuovo il tuo orecchio, perché magari sei tu a dover essere pronto all’ascolto e alla comprensione.