Un dovuto omaggio al Signor Kapriz

Ha uno sviluppo di 200 metri, il grado massimo è 6b+ (6a+ obbligatorio), ha 6 lunghezze, è RS2 ed è dedicata all’anziano caprone che abita nel Cengio: si chiama Signor Kapriz. Ah, giusto: per chi ancora non lo conoscesse, il Signor Kapriz è il caprone e così è stata chiamata anche questa bellissima via sulla bastionata orientale del Monte Cengio, aperta nel novembre 2022 da Fausto Carollo, Elena Girardi e Mario Schiro. Loro non hanno bisogno di presentazioni.

Con roccia molto simile alla vicina Gazza Ladra, la via Signor Kapriz è già diventata l’ennesimo gioiello della parete: la lunghezza diverte, il grado dei tiri è accessibile a molti (anche se alcuni passaggi non sono da sottovalutare, ma in via cosa non lo è?) e la roccia è davvero ottima.

Lo sviluppo in sei lunghezze alterna tiri facili ad altri con passi di 6b e 6b+ che richiedono forza e soprattutto una buona tenuta dei piedi, che anche nei passaggi più ostici devono spalmarsi sulla parete e a cui dobbiamo dare piena fiducia.

Oggi sono nuovamente con Paolo Leonardi, che dopo la salita su Macchia Bianca mi propone in velocità di raggiungere la nuova via del Cengio. Preoccupata per l’orario (sono già le 13.30), ma convinta dall’entusiasmo dimostrato dal mio compagno di cordata e dalla voglia di provare Signor Kapriz, ci avviamo rapidamente all’attacco.

Saliamo lo zoccolo indicato da un ometto circa un centinaio di metri dopo Gazza Ladra, ci prepariamo e in pochi minuti Paolo parte per l’avventura. Poco dopo si trova a fare sicura in compagnia della cordata che ci precedeva. Parto io e così siamo entrambi in via.

Il secondo tocca a me: è un tiro facile di terzo e quarto grado che si conclude con un tratto d’erba. Il terzo è un bel diedro con roccia ottima, tra il IV e il VI grado e dove arrampicare diventa un bel gioco di movimenti.

Il quarto tiro prevede due passi di 6b e 6b+: le protezioni sono vicine e giuste, dunque parto senza timori e affronto la salita con in mente il primo passo, quello su un brevissimo traverso per aggirare il piccolo tetto sopra di noi.

Arrivo, mi sistemo come meglio credo, apro le braccia quanto riesco con il piede destro su una minuscola tacca e l’altro in spaccata su un buon appoggio. Tengo la mano destra sul verticale abbastanza buono e tento di raggiungere con l’altra mano la presa a sinistra, ma niente da fare: mi mancano almeno dieci centimetri e di spostare il piede proprio non me la sento. Neanche ci riprovo. Vedo una buona fessura sotto il tetto e salgo sopra le protezioni: afferro un rovescio tra roccia buona e meno buona, e aggiro il tetto nella speranza che tutto tenga, dalle rocce incastrate nella fessura ai miei piedi in spalmo, alla mia resistenza.

Paura? Un po’, ma ci tenevo a liberare il passo e sentivo che dovevo prendere quella strada. Variante? Un po’ azzardata, ma possibile!

Il secondo passaggio duro è una scalata in dulfer psicologicamente impegnativa. Superiamo anche questo e arriviamo alla sosta, pronti per gli ultimi due tiri che Paolo decide di unire allungando dei rinvii.

All’uscita troviamo Fausto e Mario, soddisfatti della loro via e delle diverse ripetizioni. Firmiamo il libro di via e andiamo a festeggiare all’inaugurazione.

Ma chi è il Signor Kapriz? Da qualche anno è un’anima solitaria dal pelo folto e lungo che si aggira sul Monte Cengio. Girano voci che un giorno, all’uscita di una via su queste pareti dove era solito per gli scalatori aggrapparsi alla folta e resistente erba per risalire, un alpinista che conosciamo bene tutti abbia trovato un bellissimo praticello con l’erba alta pochi centimetri: ebbene quella volta il Signor Kapriz ha aumentato la difficoltà dell’ultimo tiro, un autore inconsapevole senza chiodi e in free solo.

Nuovo e anziano abitante della montagna, avvistato e mai troppo avvicinato da noi ospiti, il caprone del Cengio ha così guadagnato anche una via in suo nome e onore.

E allora un ringraziamento è doveroso anche al Signor Kapriz.

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