Dopo la scalata al Bostel sulla via Disequilibrio, ho voluto chiedere a Tranquillo Balasso qualche aneddoto sull’apertura di questa salita e allora l’ho contattato per avere informazioni. Ma si sa, un aneddoto tira l’altro e Tranquillo ha arricchito il suo racconto con altre vie e pensieri.
Una parte di questo racconto te lo voglio riportare qui.

Tranquillo Balasso, insieme al fratello Placido e ad altri alpinisti del territorio (ne approfitto per ringraziare i chiodatori che da anni si impegnano sì per una soddisfazione e un divertimento personale, ma anche per permettere a molti scalatori di arrampicare sulle belle pareti delle nostre Piccole Dolomiti), lo conoscono in tanti qui nei dintorni e certamente tutti quelli che quando scalano una via si informano sugli autori e sulla storia. Io sono una di questi: da quando ho iniziato a scalare su vie sportive, alpinistiche e miste, il cognome Balasso tra gli altri l’ho letto e sentito parecchie volte. ‘Prima o poi lo conoscerò!’ mi sono detta, e infatti quel giorno è arrivato, in occasione di un’intervista al Gruppo Rocciatori Casarotto: un uomo alto, magro e dai grandi occhi azzurri che di montagna ne hanno vista, eccome.

Ciao Tranquillo, che piacere! Dunque, avrai sicuramente qualcosa da dirmi sulla via Disequilibrio al Bostel: vai, ti ascolto.
Ciao Martina! Sulla via Disequilibrio posso dirti che l’idea di aprire questo itinerario è stata di Stelvio: voleva aprire una via a fianco di Oliunid e salire la fascia di roccia rossa. Quando siamo arrivati sul posto, a indicarci l’attacco è stata la caratteristica grotta, un perfetto punto di partenza. E fino alla prima sosta non abbiamo avuto dubbi su dove andare. Nel secondo tiro c’è un pilastrino a forma di trivella che dovevamo assolutamente raggiungere perché era un punto particolare della parete. Così abbiamo seguito il breve traverso fino a quella originale conformazione a spirale della roccia. Questo pilastrino mi è rimasto impresso nella mente perché non ho mai visto una cosa del genere.
La direttiva è stata poi quella di raggiungere la fascia di roccia rossa, perché al Bostel offre sempre una buona arrampicata: è una roccia abbastanza solida, anche se può non sembrare vista da sotto.
E poi l’ultimo tiro: anche questo è stato facile da individuare grazie al diedrino fessurato con il piccolo tetto, una ciliegina sulla torta che non lasciava dubbi su dove andare.
Diciamo che in questa via ci sono stati diversi particolari che ci hanno indicato la linea da percorrere.
Da sotto, infatti, non si vedeva una linea particolare, ma questi dettagli ci hanno aiutati a creare un bell’itinerario.

Oltre al pilastrino a forma di trivella c’è anche una specie di grotta sopra la penultima sosta: è stata scavata o è naturale?
Ah, sì, è vero. È naturale. Anche questa grotta è molto caratteristica, non ne vedi molte in giro.
Ci sono anche delle soste evitabili, giusto?
Il nostro obiettivo era di creare una via plasir, ben protetta ed ecco perché abbiamo costruito delle soste dove chi vuole può calarsi tranquillamente, come abbiamo fatto per la via vicina Oliunid.
E Disequilibrio perché?
Questo nome gliel’ha dato Stelvio perché in alcuni punti mi diceva che non trovava l’equilibrio giusto per salire. A me piaceva soprattutto quel particolare del pilastrino a forma di trivella come ispirazione per il nome, ma dato che l’idea della via è stata di Stelvio, era giusto che il nome glielo desse lui.
Insomma, è una via breve che però presenta diversi punti interessanti. Ma aspetta, dato che ho l’opportunità di averti disponibile per qualche minuto in più… parlami anche della via La tosta-ta del Bostel.
Se posso darti un consiglio, a me piace di più Il richiamo di penna bianca. Secondo me La tosta-ta è più dura: sì, la via Il richiamo di penna bianca è caratterizzata da due o tre punti piuttosto duri, come l’ultimo tiro (che però puoi aggirare uscendo per l’ultimo tratto della via Fuori linea), ma nel complesso io penso sia meno difficile. Certo è che tutto è soggettivo e se vai in questo periodo a scalarne una, fai sicuro anche l’altra.
La Luigino Dalla Riva è impegnativa, ma è più corta e nell’ultimo tiro hanno installato una corda fissa per facilitare l’uscita in mezzo alla vegetazione.
Sono comunque tutte e tre delle belle vie.

Ma dai dimmi qualche aneddoto su La tosta-ta del Bostel!
È stata la prima via che ho aperto lì: ero con Guido Casarotto (autore anche della guida Piccole Dolomiti e dintorni). Con lui sono andato per la prima volta sul Bostel a ripetere la Luigino Dalla Riva, all’epoca delle 3 uniche vie presenti era quella più bella e pulita. Quando siamo scesi e ho guardato la roccia del Bostel ho detto a Guido “possibile che in quella parete non ci sia neanche una via?”. Lui mi ha indicato quelle che conosceva, ma c’era un bello e ampio spazio libero, inconfondibile perché il pilastro ben si nota dalla strada. Dopo una settimana sono tornato e ho iniziato ad aprire La tosta-ta del Bostel con Erminio Xodo.
È stata davvero una bella sorpresa, perché sembrava che il Bostel non offrisse una buona roccia e una bella arrampicata, invece ci siamo resi conto che le ottime opportunità di scalata erano davvero tante. E infatti sono tornato anche con Stelvio per aprire Il richiamo di penna bianca.
Siamo riusciti a trovare sempre una linea e una modalità di salita che permette anche di evitare gli strapiombi più duri.
Ne La tosta-ta del Bostel ci sono tiri abbastanza continui, con qualche passo duro, ma la difficoltà (oltre a qualche passo estremo) sta nell’arrampicata sostenuta continua in diversi tratti. Del passo più duro ho parlato con Ivo Maistrello e mi ha confermato che superarlo a vista potrebbe essere di 7b. Nella relazione del Gruppo Rocciatori Casarotto due passi li ho identificati con l’azzero, perché nessuno dei ragazzi con cui l’ho ripetuta è riuscito a superarli. Ah, nel terzo tiro si è rotto un appiglio che era fondamentale, quindi a quel passo possiamo aggiungere un grado.

Qual è il grado obbligatorio de La tosta-ta secondo te?
Al massimo è un VI+ obbligatorio. Ma vai tranquilla, le protezioni nei passi difficili sono ravvicinate, mi conosci!
Un’ultima domanda e una mia curiosità: vale per tutti i chiodatori che o li ami o li odi, ognuno ha le sue particolarità. Anche tu sei amato e odiato…
(Ride) Come in tutti gli ambiti ci sono estimatori e detrattori!
Esatto! Ma dimmi: perché chiodi? Qual è il tuo obiettivo? E per chi lo fai?
I motivi sono molti. La prima cosa che mi viene in mente è che quando osservo una parete e vedo una linea da salire, un insieme di diedri, spigoli, fessure, penso subito a come sarebbe chiodarla.
Per mia natura sono un creativo, mi piace scoprire, cercare e durante l’apertura di una via si è in una condizione mentale unica, di massima concentrazione, in cui ci si può esprimere totalmente. E poi quando chiodo e gli altri ripetono le mie vie, mi sento gratificato.
Soprattutto quando l’ambiente è appartato e selvaggio, sono curioso di vedere cosa c’è oltre la vegetazione, tra tetti e fessure. Tutto diventa creatività e poi, quando finisco di chiodare, torno all’attacco della via e alzo lo sguardo: sembra che la parete mi ringrazi per averla ripulita e averle dato un’anima, luce, possibilità di accogliere qualcuno. Chiodando una parete mi sembra di darle vita.
È difficile da spiegare: per rendersene conto ognuno dovrebbe provare.
Per quanto riguarda la chiodatura di molte vostre vie, sono in molti a ringraziare la vostra generosità di protezioni, perché così sono in tanti a poter approcciarsi alle vie di arrampicata in montagna: condividi?
Parecchie vie abbiamo scelto di proteggerle molto bene per agevolare un’arrampicata plasir, è vero. Ma sono anche tante le vie che abbiamo aperto in ambienti selvaggi, poco conosciuti, dove le protezioni sono minime. Se posso, mi piace molto di più utilizzare solo chiodi artigianali, senza fix, come sul Tormeno ad esmepio, dove ho aperto tre belle vie: magari il lavoro per mettere i chiodi è stato notevole, ma è stata anche una bella soddisfazione.
Tranquillo, quante vie hai aperto?
Be’, io ho un quaderno dove mi appunto tutte le vie che ho aperto ma non le ho contate, non sono attratto dai numeri… vediamo un po’, aspetta che guardo… Ne ho aperte 129.
Amato o odiato, Tranquillo come molti altri alpinisti e chiodatori firmano le loro vie con i loro personali obiettivi, creatività, visione, dritti al cielo per apprezzare l’arrivo alla cima e la scalata, per enfatizzare prestazioni o semplicemente perché è quello che si sentono di fare. O meglio: che non possono fare a meno di fare.
Grazie Tranquillo per il tuo tempo a rispondere alle mie domande, ma soprattutto per le tue vie.
Una opinione su "Vai Tranquillo! Arrampicare al Bostel e nella vita."