“Vero alpinista” a chi?

Chi è il “vero alpinista”, ma soprattutto esiste il “vero alpinista”?
Nell’ultimo periodo ho inserito tra le mie letture e visioni libri e documentari riguardanti il mondo dell’alpinismo, delle grandi imprese che hanno visto protagonisti uomini e donne fuori dal comune, o meglio, che sono usciti dalla normalità, a cui ci hanno abituati a credere, grazie a duri allenamenti, sacrifici, talenti straordinari, coraggio e forza di volontà.
Uomini donne che vogliono e volevano vivere, rientrare dalla cima e tornare a casa, ma consapevoli anche che avrebbero potuto e potrebbero non farcela.
Uomini e donne con degli obiettivi, pronti a sfidare le proprie capacità, portare al massimo livello possibile le prestazioni del loro corpo e della loro mente. Uomini e donne che amano la montagna e annullare ogni limite fino a che la natura glielo permette.

Molti (se non tutti) questi uomini e donne sono anche stati accusati di eventi (vedi il caso più eclatante di Messner per la morte del fratello sul Nanga Parbat), criticati (come Nardi e Ballard sulla stessa montagna che tentarono l’ascesa invernale dello sperone Mummery: un’impresa che Messner e Moro definirono suicida), protagonisti di dubbi e insinuazioni (ricordiamo il caso di Bonatti, che con Madhi portò l’ossigeno a 8000 metri così da permettere a Lacedelli e Compagnoni di raggiungere la cima, ma che dovette anche combattere per fare in modo che quanto fece fosse riconosciuto dalla comunità alpinistica).

Tra gli alpinisti c’è anche Hermann Buhl: fu sua la prima ascensione sul Nanga Parbat, nel 1953, in solitaria (a partire dall’ultimo campo) e senza l’uso dell’ossigeno. Un’impresa di enorme rilevanza se pensiamo che attualmente sono state compiute sì salite straordinarie anche in puro stile alpino, ma con attrezzature innovative come un abbigliamento tecnico all’avanguardia.

Oggi gli ottomila sono invasi di turisti milionari che salgono le cime con ossigeno, portatori e corde fisse: possono essere considerati alpinisti?
E i tanti che lasciano immondizia intorno ai campi o lungo le salite? Magari arrivano anche loro alle cime, allenati e con notevoli sforzi, ma sono anche loro alpinisti? Mah, questo possiamo archiviarlo come un altro argomento di discussione.

Qui ho voluto citare alcuni esempi di alpinismo d’alta quota. Ma alpinisti sono anche i tantissimi uomini e donne che scalano vie d’arrampicata, di misto e di ghiaccio, che aprono linee meravigliose nelle migliaia di montagne che il mondo ci ha regalato. Uomini e donne che esplorano e creano, che a 2000, 3000 o 4000 metri non hanno paura di cadere su un chiodo o di percorrere vie di centinaia di metri con pochissime protezioni.

Alpinista è un termine che racchiude storie ed esperienze, errori e compromessi, visioni e immenso coraggio, quello di superare ostacoli smisurati o affrontare eventi inimmaginabili per chi in montagna ci va per bere qualcosa al rifugio. Sì, ma anche il coraggio di prendere decisioni che vanno contro le proprie ambizioni e la propria volontà, quello di convivere con le scelte fatte, con l’aver rinunciato alla meta o con la perdita di amici.

Alpinista è anche quello che se ha le mani fredde in parete trova il modo di scaldarsele e salire ugualmente. Un uomo o una donna che mette da parte la comodità per proseguire la sua strada, che mette da parte l’orgoglio per ammettere i propri sbagli, che sgretola l’arroganza e si fa da parte.

L’alpinismo sono le ombre sulla neve di una cordata contro luce, è il sole che colora di rosa le montagne, è una salita che appare impossibile, è la goccia di sudore che scende sulla tempia, è un martello che batte sulla roccia, è il segno degli occhiali sul viso paonazzo, è la sensazione di vertigine che ti fa sorridere, è il dolore che ti fa sentire vivo. Ma l’alpinismo è anche quel qualcosa che non è mai stato detto o scritto.

Un alpinista lo è dentro. E allora chi è il “vero alpinista”? Forse quello che fa e non lo dice, perché è qualcosa che gli viene naturale, è ossigeno, è vita.
No, no. Non esiste il “vero alpinista”. C’è solo l’alpinista e basta.

E per me l’alpinista, oltre alle sue imprese, è anche una persona che ha umiltà, che se lo inviti a parlarti di ciò che ha fatto, inizia sempre con un po’ di imbarazzo; che se desideri una firma nella guida che ha scritto, arrossisce in viso; che se gli fai un complimento, ti risponde “ma vah”; che se gli chiedi un consiglio, ti racconta una storia.

[Agli alpinisti che ho conosciuto e che mi hanno ispirato, tra cui Marco e Diego, Giuliano, il Noce, Tano, Ivo e Diana, Paolo, Mario e molti altri, i cui incontri hanno lasciato il loro chiodo anche nella mia mente]

[Nella foto: Emilio Comici]

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