Fuori rotta al Sojo dei Corvi

Facile come titolo, eh?

Eppure, nella realtà, è proprio così che è andata.

C’era una volta un predone della Valdastico che si aggirava sul Pilastro Est del Tormeno, per aprire un itinerario di quattro tiri. Fu in quel luogo, durante la salita, che il predone si accorse che proprio di fronte a lui e al suo compagno di cordata, sull’ampia parete del Sojo dei Corvi nell’Altopiano di Tonezza, correva una magnifica linea. E subito fu via.
O meglio, il sogno di una via. 
Il predone decise di tornare con un suo storico compagno di cordata ai piedi della parete che aveva scelto di conquistare, arricchito e appesantito dalla solita attrezzatura tra cui una vecchia roncola. Partirono per la salita soddisfatti della loro visione, ma la parete e la sua conformazione rocciosa li fece andare fuori linea. Anzi, fuori rotta…

Sì, è successo davvero.

Tranquillo Balasso (il predone della Valdastico perché dove passa e c’è parete vergine, una linea la trova!) e Erminio Xodo il 27 luglio del 2018 hanno aperto la via Fuori rotta sul Sojo dei Corvi: una via composta da placche, brevi diedri, fessure e qualche strapiombo.

La giornata è uggiosa, l’umidità lascia entrare l’aria fredda fino alle ossa, ma l’occasione è irresistibile: finalmente arrampico con Tranquillo Balasso.

A tirare è Federico Stefani e io sono la seconda di cordata. La roccia è gelida e nei primi tiri le dita di mani e piedi si congelano, ma poi ci si abitua.

Tranquillo mi spiega che prima di chiodare questa via aveva osservato da lontano una bellissima linea, ma poi, all’apertura, la parete ha fatto deviare i chiodatori: infatti osservando l’itinerario si notano subito i vari traversi, a destra e a sinistra.

Salire Fuori rotta richiede attenzione, forza e resistenza: non tanto per i gradi (tra il quinto e l’ottavo azzerabile), quanto per la lettura della roccia, soprattutto lungo certi tratti. In alcuni punti, infatti, la parete mostra la sua parte più friabile, che però nasconde prese e appoggi solidi che è necessario cercare e trovare, per scalare con più sicurezza. Le parti strapiombanti sono poche e non richiedono un’eccessiva forza.

I diedri e le fessure, sempre ben protetti, contribuiscono al divertimento della scalata. Le placche delicate tengono alta la concentrazione.

Durante le soste ho chiacchierato molto con Tranquillo, che con la sua pacatezza e la sua precisione mi ha raccontato aneddoti ed esperienze. È stato un piacere parlare e arrampicare con lui! 

Usciti dalla via abbiamo firmato il libro, ci siamo stretti tutti e tre la mano e ci siamo scambiati un sorriso guardandoci negli occhi. Bella via, complimenti a Tranquillo e Erminio. E ovviamente grazie a Federico, alla sua ennesima ripetizione di Fuori Rotta.

Il racconto di Tranquillo sul nome della via, scalare questo itinerario e la visione della linea modificata dalla parete mi hanno fatto pensare alla vita, che in sé colleziona talmente tanti percorsi fuori rotta da scombinare spesso i nostri piani. 

Siamo davvero liberi? Crediamo di avere libero arbitrio, ma siamo sempre soggetti a ciò che ci sta attorno: persone, cose e avvenimenti. Ogni giorno c’è qualcosa che non va per il verso giusto, che ci smentisce, che ci sgretola dei progetti per farcene costruire altri. Puntualmente ci viene chiesto di non abbassare la soglia dell’attenzione o di non rilassarci troppo di fronte a una brezza quasi impercettibile, perché da qualche parte è già in atto un uragano. 

Ma a pensarci bene: io odio la noia.

(La mia) morale della via? Che ogni tanto andare fuori rotta è la cosa più bella che possa capitarti.

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