Via delle Attraversate: su e giù fra i traversi

No, non è un’espressione che ho utilizzato così, tanto per dire. In questa via protetta da fix e chiodi, che sale sul Covolo del Butistone in Valsugana, si sale, ma si scende anche!

Caratterizzata da lunghi traversi, la via ha uno sviluppo di 250 metri per 8 tiri con difficoltà 6a+, è esposta a sud-ovest e se c’è il sole, si può scalare anche in inverno a partire dalla tarda mattinata. La roccia è splendida e non si perde mai la strada grazie ai bolli gialli da seguire lungo la via. L’avvicinamento è di circa 3 minuti e il ritorno lungo il sentiero (se non ci si vuole calare) è di una mezzoretta.

È stata aperta da Umberto Marampon nel 1980.

La Via delle Attraversate inizia con il primo tiro non banale, soprattutto nel passo finale; il secondo tiro è facile, ma non troppo.

Il terzo tiro si mostra dalla sosta con un bellissimo diedro dalle linee curve e una roccia che subito appare liscia: due sono i passi più difficili, che si trovano a metà del diedro e alla fine, 

quando inizia un brevissimo traverso che si conclude con la discesa (impegnativa per il secondo di cordata che vede la possibilità di un lungo pendolo se il piede o la mano dovesse scivolare, ma c’è un cordino fisso ad aiutare la breve calata per chi, come me, almeno in un passo lo vuole utilizzare).

Il quarto tiro è un traverso facile e il quinto tiro sale in diagonale a destra fino a un passo complesso che però è azzerabile (se trovi il rovescio nella fessura e la tacca giusta sulla placca, provalo!).

Il sesto tiro è il mega-traverso di 4c, facile ma da non sottovalutare… come sempre in montagna.

Il penultimo tiro sale lungo una fessura di media difficoltà.

Nell’ultimo tiro si scala su una placca tecnica e un diedro strapiombante: entrambi i tratti, uno per la logica e l’altro per la forza, sono complessi, ma non troppo difficili.

La via è molto bella, ricca di stili di arrampicata e mai noiosa: non ci sono cenge erbose da superare o tratti troppo facili su cui riposare e camminare.

Questo luogo e le sue vie sono stati una bellissima sorpresa.

Durante il ritorno parliamo di vie, di Dolomiti, di alpinismo e di obiettivi. E allora mi sorge una domanda.

Fede, supponiamo che tutto finisca in un tempo molto breve: il primo desiderio che ti viene in mente, un’esperienza che vorresti fare perché non l’hai mai fatta e ti manca nel curriculum della tua vita, qual è?

[Dopo vari pensieri e supposizioni…] “Lo Yosemite. E ho in programma di andarci. Ma vedi, Martina, nella vita ne ho passate tante, però se ora qualcuno mi dicesse ‘domani non ci sarai più, raccontami del tuo passato’, non mi basterebbe una giornata. E sai perché? Il motivo è nella montagna, nell’alpinismo, in tutte le esperienze che le pareti, i miei compagni di cordata, le circostanze, i contesti e le sfide mi hanno regalato. Sono una sfilza di momenti da raccontare perché nascono da una passione. E solo chi ha una o più passioni nella vita può dilungarsi nel raccontare il proprio passato. Secondo il mio parere, chi non ha passioni può raccontare la sua vita in qualche ora.”

E la passione di Federico per la montagna si vede e si sente, negli occhi e nelle parole, nella riservatezza di una persona che però ha tanto da raccontare e una voglia irrefrenabile di scoprire cosa ancora la vita può (o deve) riservargli. 

Per quanto mi riguarda… l’arrampicata mi ha fatto conoscere luoghi affascinanti, persone interessanti, storie mozzafiato, ma soprattutto tante personalità diverse, comportamenti e ragionamenti talvolta paradossali che non smettono di ispirare la prosa e la poesia, tenzoni e liriche, componimenti fatti di follia e realtà, inquietudini e competizioni, un’irrefrenabile voglia di superare il limite di questo mondo che, possiamo dirlo, agli scalatori sta sempre un po’ stretto.

I miei pensieri sull’arrampicata nel 1976 – di Umberto Marampon

Dal paese di Cismon ci spostiamo in direzione di Primolano, sotto la parete del Covolo di Butistone. A vederla sembra di cemento armato, tetti ne ha tanti, ce n’è uno appena cinque metri sopra la vecchia strada, non sporge molto ma è bello e decidiamo di scalarlo. Proviamo e con difficoltà riusciamo a superarlo, pochi metri più su attrezziamo una sosta provvisoria e lì decidiamo che per oggi basta. Scendiamo e andiamo a festeggiare la salita del nostro primo tetto da “Toni Morte” (così è anche conosciuta la locanda da Ferronato a Cismon) con del buon vino rosso.
Alcuni giorni dopo ritorniamo per continuare la scalata, stavolta siamo in tre, si è aggiunto un nuovo amico “Gianburrasca” il più giovane rocciatore di Treviso, Paolino Visentin. La parete ci impegna alcuni giorni e la domenica, dopo dodici ore, siamo in cima. La gioia è tanta… grido verso l’alto il nome di Roberta. Anche tu adesso hai la tua via (via Roberta Dalle Feste). Arrivati alle auto troviamo ad aspettarci amici e parenti, insieme andiamo a festeggiare alla locanda e tutti vogliono offrire vino, chi bianco e chi rosso, alla fine mi ritrovo con una potente balla! Mi rimetterò in sesto da questa festa solo il venerdì mattina, dopo quattro giorni.”

[dalla guida “Valsugana e Canal del Brenta” di Ermes Bergamaschi]

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