Quando la solitudine ti fa meno paura e quando l’essenza di libertà riesce a scorrere anche nelle insenature più recondite della tua mente, allora è il momento di cancellare ogni domanda che il quotidiano ti impone e crearne delle altre, di cui sarai custode per tutta la vita.
Perché tali domande non hanno risposte semplici da trovare. E sai qual è il motivo? Queste risposte le costruisci man mano che cresci e di crescere non smetti mai.
La nostra esistenza è composta da esperienze, che una accanto all’altra costruiscono una forma in continua evoluzione: noi siamo quella forma. Ecco perché se ci dovessero chiedere ‘chi sei?’, esiteremmo e probabilmente daremmo risposte vaghe, artefatte, ironiche, comunque colme di dubbi. La verità è che non sappiamo chi siamo perché non siamo finiti, ci stiamo costruendo pian piano, ogni attimo e ogni giorno. E chi vive le sue passioni, è ancora più incerto nella risposta, non perché più insicuro, ma perché ha davvero troppe informazioni da comporre per capire chi è.
Siamo sul Monte Pubel e dall’alto vediamo il Brenta che scorre lungo la Valsugana.

Percorriamo il sentiero in discesa e arriviamo a un ristretto spazio nel mezzo del bosco. Il Parlamento delle streghe ci accoglie con tre pietre disposte in riga di fronte a un piccolo e all’apparenza insignificante spalto, costruito con alcuni tronchi. I raggi del sole sfiorano il luogo facendosi largo tra i rami degli alberi, le pareti maestose ci osservano tutt’intorno creando un’atmosfera particolare. Pare infatti che occhi ci osservino, nascosti qua e là dietro le slanciate piante. Rumori delle foglie secche, dei rami e dei tronchi spostati dalle folate di vento che di tanto in tanto si fanno sentire, versi di uccelli che segnano con il loro volo l’azzurro del cielo, sibili che sembrano provenire da lontano e poi d’un tratto comparire alle nostre spalle: tutto in quel tribunale naturale sembra evocare la presenza di ciò che è stato e, forse, ancora oggi, nelle notti di luna piena, accade. È forse il respiro delle streghe? Può darsi, ma quella sarà un’altra storia.



Percorriamo il sentiero ancora qualche metro per poi raggiungere l’attacco della via X sempre x.
Salirla è molto divertente: l’arrampicata è tecnica, ma spesso anche di forza nel superare alcuni piccoli strapiombi e sollevarsi da quelli che io definisco prorompenti strati di roccia. Qualcosa si muove, un appoggio per il piede mi si è staccato facendomi quasi abbracciare la parete, ma nel complesso consiglio la via, che tra diedri, fessure, un traverso da brividi e placche non è mai scontata.
Protetta molto bene da brillanti fix, la difficoltà obbligatoria è di 6a+ e si fa notare nel passo gradato 7a (“splendido muro molto sostenuto con un paio di impegnativi obbligatori”) nella sesta lunghezza.
Nella vecchia relazione, gli ultimi tre tiri della via erano quelli di Re…spiro delle streghe, ma poi Francesco Leardi ha chiodato tre nuovi tiri come variante, di cui il terzo, impegnativo, presenta anche un passo di 7a (azzerabile).
Qui trovi la relazione di Francesco Leardi.






Durante la salita sentiamo abbaiare in lontananza: l’eco della valle amplia anche i suoni e i rumori più lontani, ma ci sembra una strana coincidenza. E sai perché?
Il motivo lo puoi scoprire nel nome della via.
“Inverno 2017/2018: una domenica pomeriggio il cagnolino di Valerio di nome X pensò bene d’inseguire alla base della parete uno dei tanti camosci e non fece più ritorno.
Nel frattempo avevamo dato un’occhiata a destra di Re…spiro delle Streghe e il quarto progetto stava prendendo forma. Una serie di stupende placche a gocce ci condusse sugli ultimi tre tiri di Re…spiro delle Streghe. Nacque così X sempre X, che poi si legge Per sempre X.” [Francesco Leardi]
Tutto più chiaro?
Bene. Ora posso consigliarti questa via, che, anche se protetta molto bene, in alcuni punti si svela nel suo carattere un po’ spigoloso, nascondendo il suo punto debole e mostrandosi nella sua ammaliante, ma al tempo stesso aggressiva, bellezza.
Buona arrampicata, allora. Anche se il vento, come è successo a noi in questa meravigliosa mattina di marzo, dovesse decidere di sferzare graffiante portando sulla tua pelle quella fredda sensazione che ti fa sentire così, con la tua solitudine nel senso più profondo della libertà.
