Se ci pensi, tutto ha un senso.
Arrivi, parcheggi l’auto, apri il bagagliaio, cambi le scarpe d’avvicinamento per indossare gli scarponi e ti carichi in spalla lo zaino. Chiudi l’auto e ti incammini verso la falesia.
La neve è fresca, sembra farina. Segui altre impronte e poi ti sposti per farne altre, per essere il primo e chissà, forse l’unico. Sotto la neve lastre di ghiaccio coprono un tappeto di foglie rosse, gialle e marroni. Il sole si intravede tra gli alberi, sparisce nel folto del bosco e poi riappare, sempre lì, a illuminare le pareti.
Un’ultima salita ed ecco lo spiazzo dove posare gli zaini, stendere la corda e fare un po’ di riscaldamento. L’assenza di neve non significa che la temperatura sia confortevole, tutt’altro: solo una manciata di gradi. Ma il sole scalda, ti rassicura, sembra dirti “tranquillo, tu vai”.
Qualche saltello per tenere svegli i muscoli della gambe, alcune rotazioni delle braccia per scaldare le spalle, apri e chiudi le mani per allentare la tensione delle dita dovuta al freddo.
Ci siamo: il tradizionale sguardo alla parete per salire con l’immaginazione il tiro e via con il rito. Leghi la corda all’imbrago con il nodo a otto, indossi le scarpette, vesti le mani con il magnesio e inizi la scalata.
Chi ti fa sicura, intanto, ha indossato gli occhialini, ha posizionato la corda nel gri gri e ti osserva: lo sguardo sale con te la parete, per analizzare ogni movimento, prevedere una direzione, individuare un passo falso, reagire in caso di caduta. Nel frattempo le gambe e la schiena si riscaldano al sole, ma le punte dei piedi e le mani iniziano a raffreddarsi di nuovo all’ombra. Senti il corpo diviso a metà dalla temperatura, ma nulla può e deve deconcentrarti.
Sulla parete la situazione è la stessa, ma se anche le mani sono spesso esposte al sole, la roccia è gelida e le contagia. La temperatura delle dita scende fino a renderle insensibili e ogni tacca, fessura o lama creano incertezza, instabilità, paura. Non senti la roccia, la sua ruvidezza, le sue punte, i suoi artigli. Cerchi riposi solo per scaldare le mani: le scrolli lungo i fianchi, le avvicini alla bocca, le nascondi sotto le ascelle. Provi qualsiasi cosa fino a che inizi di nuovo a percepirle attraverso dolori brevi e lancinanti che percorrono le dita, dal palmo alle unghie.
È dolore, eppure è un bene, perché significa che si stanno scaldando e recuperano così la completa sensibilità, per proseguire e arrivare in catena.
Sulle pareti d’inverno è freddo, ma il sudore si asciuga subito, provi dolore ma per un buon fine, tocchi il gelo ma alle tue spalle c’è sempre il sole.
Vedi, tutto ha sempre un senso.
[Tiro: incubi, falesia ai Rossi]