Stiamo attraversando un prato cosparso di neve. Il sentiero pare battuto: già qualcuno lo ha percorso. E questo ci fa capire che possiamo continuare la nostra strada.
Non rievoca anche a te, questa immagine, la vita di ogni giorno? Quella che amiamo e odiamo, su cui crediamo o che ci fa cadere nelle disillusioni. Quella creata da un passato, che ci apre la strada.
È un mondo vissuto, un tempo già trascorso, il fluire che stiamo vivendo. O meglio: attraversando.
Riuscirà la neve a sostenere i nostri piedi e corpi più o meno pesanti?
Ci incamminiamo verso quell’orizzonte sopra la collina, che un albero spoglio e solitario rende così interessante e affascinante. Forse è un faggio, con la sua storia, immerso nelle nubi basse che invadono lo spazio bianco.
Guardo il sentiero: muovo i primi passi sulla neve compressa, accanto alle orme che mi accompagnano.
Ma d’un tratto mi avvicino troppo ai solchi e il piede destro sprofonda nella nave, riscaldata dal sole, che ogni giorno riesce a filtrare tra le nuvole.
Il manto bianco si fa poi più profondo: resto in superficie a un passo, ma poi le suole annegano, ancora, senza che io me ne accorga, senza poterlo prevedere, con la testa letteralmente tra le nuvole.
Cosa accadrà al prossimo passo?
Ascolto la neve, mi concentro e proseguo. Osservare non serve: il bianco accecante rende tutto uniforme e non puoi capire quel che nasconde.
Tento di alleviare il mio peso, sento il calpestio leggero, ma l’attenzione dura poco: è sufficiente una lieve distrazione e la neve mi raggiunge il polpaccio. Il corpo si sbilancia, le gambe cercano di ammortizzare il colpo, la schiena soffre, la mente è stanca.
Ma alla meta manca ancora qualche chilometro, non è finita la strada.
C’è ancora tempo, ma non è infinito.
E allora andiamo: che importa se la fatica ci rallenta, se gli obiettivi sembrano lontani, o se non dovessimo riuscire a seguire quelle orme.
Sono passi della nostra vita, da percorrere soli o insieme.