È pomeriggio, sono ormai le tre e cerchiamo una falesia che si raggiunga in breve tempo prima che il sole cali. Ma se fosse una palestra di roccia da scoprire, sarebbe perfetto.
Durante la ricerca Guido ne trova una, che ancora non abbiamo esplorato, chiodata nel 2020 e immersa nel bosco. Avvicinamento? C’è scritto “a pochi metri dal rifugio”, meglio di così?!
Percorriamo la strada in auto e dopo un’ora da Schio ci troviamo di fronte a un bivio. Proseguiamo dove ci conduce il navigatore, ma sbagliamo strada. Torniamo indietro per seguire quella giusta e ci accorgiamo di una stradina, che si immerge in una contrada, introdotta da un cartello “zona a traffico limitato”.
Chiediamo a un signore del posto che stava tagliando la legna sotto casa e questo ci dice “eh ragazzi, no, il rifugio si raggiunge a piedi: è a circa quaranta minuti”.
Osservo Guido con fare minaccioso, resto in silenzio, ma poi decidiamo di provarci. Ormai siamo qui.
Carichiamo gli zaini in spalla e imbocchiamo la stradina, che ci conduce alla contrada. Proseguiamo tra le case e nel giardino di una vediamo una guardia forestale che chiacchiera con due anziani. Gli chiediamo quanto distante è il rifugio e lui “be’, siete giovani, magari in mezzora ci riuscite”, mentre il signore dietro di lui gli fa eco sorridendo “avete una bella strada in salita da percorrere”.
Nonostante questo, guardo il sentiero che inizia a salire di fronte a me e proseguiamo con fare da sfida, pronti a battere ogni record a costo di sacrificare i polmoni.
Il mio umore non si avvicina alla gioia, ma appena ci addentriamo nel bosco, lungo il sentiero consigliato, ad accoglierci c’è un qualcosa di simile a un ponte fatto di sassi, che formano anche la stretta strada tra gli alberi.

Gli slanciati tronchi coperti dalle chiome lasciano filtrare la luce del sole, creando un’atmosfera da fiaba. L’umore inizia a rasserenarsi: impossibile non pensare che da un momento all’altro potrebbe spuntare uno gnomo o magari la strega del bosco.
Il sentiero in salita si fa un po’ più duro verso la fine, ma quando il bosco finisce, inizia una stradina sterrata che a pochi minuti ci conduce al rifugio. Tempo di percorrenza con aria di sfida: quindici minuti. Tempo di percorrenza se si vuole godere l’atmosfera: circa trenta minuti.
Al rifugio decidiamo di andarci dopo l’arrampicata, quindi svoltiamo a sinistra, dove un cartello con la mappa dei tiri ci fa capire che la falesia è proprio dietro l’angolo. Anzi, no: scesa una scalinata.
Eh già: tra gli alberi scorgiamo un’entrata naturale che sembra costruita appositamente per incorniciare questa scalinata di terra e legno (complimenti agli autori). La discesa, infatti, si presenta tra due alte pareti di pietra che accompagnano i diversi metri di percorrenza.

Quando arriviamo alle pareti chiodate (alla fine della scalinata svoltiamo a destra) la roccia è illuminata dal sole. Sì, scopriamo che la falesia è esposta a ovest, quindi il sole arriva al pomeriggio. Ma non è certo questo che ci può fermare dopo la storia del nostro tragitto.




Siamo sopra l’alta Val d’Illasi, a 1.350 metri: la falesia del Torla è composta da 22 tiri tra i 10 metri (dedicati ai piccoli arrampicatori) e i 30 metri.
“Inaugurata con il patrocinio del Comune di Selva di Progno e del Parco naturale regionale della Lessinia, realizzata dal rifugio con la collaborazione di Verona Verticale di San Martino Buon Albergo e Montura Store di Verona è stata portata a termine in un anno e mezzo di lavoro da tre amici con la passione dell’arrampicata sportiva: Dome di San Bonifacio, Mike di Badia Calavena e Nik di Soave.” [Fonte: larena.it]
Proviamo qualche tiro:
- il 5a+ SEMBRA FACILE non è da sottovalutare,
- il 6a+ (alla base della parete NICO appare accanto alla scritta 6b, ma di certo è più corretto il cartello),
- il 6b NIDO D’AQUILA è un tiro di 30 metri dove la difficoltà è data solo dalla continuità,
- il 6c BAGLIORE DI MAGGIO ha un passaggio parecchio duro poco dopo l’inizio che a parer mio gli dà il grado.

Il sole sta per calare oltre le meravigliose montagne che come un quadro si mostrano alle pareti di roccia.

Decidiamo di andare a cenare al rifugio per poi scendere con ancora uno spiraglio di luce.

Salita la scala, mi volto all’indietro a guardare quegli alberi che muovendosi giocano con il sole, creando particolari riflessi sulle pareti e un’inaspettata romantica atmosfera, una delle tante espressioni che la roccia sa comunicarci.