“Ho le vertigini, non potrei”: me lo sento dire spesso quando mi viene chiesto che attività sportiva pratico e rispondo “arrampicata”.
E come contrariare i miei interlocutori che al solo termine si vedono già appesi tra la cima e il baratro?
Smorfie sorprese si sostituiscono a un ridere sarcastico accompagnato da un “ma dai?” oppure da “ecco, una cosa che non farei mai”.
Eppure dopo un po’ di tempo che arrampico mi trovo spesso a disagio con i piedi a terra, barcollando tra un discorso e l’altro, incespicando sui miei passi o tra qualche sasso su una semplice via sterrata.
Basta un leggero mal di testa o un rossore al volto per dovermi misurare la temperatura, oppure un battito accelerato per chiedermi se è meglio fare merenda o far visita al cardiologo.
Chiamali malesseri o acciacchi di un’età che avanza, eppure quando mi trovo sotto la parete nulla è più importante che salire. Toccare la roccia diventa una cardio-aspirina che toglie ogni malanno e fare un nodo a otto è la mia dose di vitamine, necessaria a darmi l’energia per affrontare quello che arriva dopo questo guazzabuglio, che è il mio presente.
Certi del passato e sorpresi dal futuro, ci dimentichiamo che il presente chiede di guardarci dentro senza pensare a quel che eravamo o abbiamo fatto prima, e senza preoccuparci di cosa sarà dopo.
Siamo capaci di vivere il presente o siamo troppo impegnati a organizzare il poi con il rammarico di prima?
Ecco: nell’arrampicata riesco a vivere quel presente che per il resto della quotidianità non riesco ad afferrare.
E allora quando qualcuno mi chiede se non ho paura di quello che potrebbe accadermi oppure mi dice di essere terrorizzato dell’altezza, io rispondo semplicemente che domani potrebbe succedere qualunque cosa e che “avevo le vertigini, ma ora è un’altra storia”.
Buon oggi, tra il 2022 e il 2023.
E grazie a tutti i lettori di questo sito: a chi lo farà, a chi lo ha fatto, ma soprattutto a chi lo fa.
[Foto: Luca Giovannini]