Lumignano Classica: la storia dell’arrampicata, il futuro dell’ecosostenibilità

Oggi sono stata per la prima volta nella Lumignano Classica e ho conosciuto Simone Crestani e Lorenza Dalla Massara, due arrampicatori di Camisano che con Paolo Nico, del posto, hanno deciso di acquistare la falesia. 

Hai letto bene, hanno acquistato questo spazio perché uno dei vecchi proprietari, stanco della noncuranza di molti arrampicatori che passano di qui, aveva deciso di vietare l’accesso alla sezione centrale e vendere.

I tre amici, da sempre legati al luogo, l’hanno presto comprata, mi racconta Lorenza mentre fa sicura al marito Simone su una delle storiche vie della Classica, la Pancia Casarotto.

Già,  perché questa falesia ha una storia niente male: su queste pareti hanno scalato e chiodato tiri alcuni dei grandi nomi dell’arrampicata, tra cui CasaraRossi, Conforto, Simeoni, Casarotto, Campi, Guerrini, Mariacher, Manolo, Scheel, Dal Prà, Radin, Bonaldo, Cristofari, Iovane, Franzina e molti altri.

Ma torniamo all’acquisto. Simone, il motivo vero e proprio qual’è?

“Vogliamo costruire e portare avanti un progetto di recupero di un luogo storico e di sostenibilità, per investire sul futuro. Vorremmo si creasse una comunità di persone rispettose dell’ambiente e della falesia, che partecipino alla cura del territorio e delle vie. Sarebbe fantastico poter condividere con gli arrampicatori un percorso che ricerchi un equilibrio tra contesto, proprietari e climber.”

“E perché è un modo innovativo di spendere i soldi”, continua Lorenza, “c’è chi si compra una bella macchina, noi abbiamo acquistato un ambiente meraviglioso da preservare e far conoscere anche e soprattutto alle nuove generazioni. Abbiamo trovato molte persone d’accordo con noi e le nostre idee, climber entusiasti ci stanno aiutando a pulire e risistemare. La nostra è una passione viscerale per la Classica”.

E lo si legge nei loro occhi, lo si percepisce nel modo in cui ne parlano, si sente nel loro racconto.

La prima via chiodata nella Lumignano Classica risale al 1924 ed è stata aperta da Severino Casara: è un vicentino e si chiama ‘La Sbrega’. Simone e Lorenza mi hanno portato sotto questo meraviglioso camino che sale tutto il tiro. Mi dicono che è protetto solo da tre vecchi chiodi. Mi arrendo e scelgo di tirare il Diedro Radin, con immensa soddisfazione.

Diedro Radin

L’epoca d’oro della classica inizia poi negli anni ‘70, quando sono stati chiodati gli altri tiri, oltre i 17 presenti,  da Casarotto, Mariacher, Radin, Guerrini, Piccolo, Manolo, Dal Prà,  Dell’Antonia, Campi e altri.

Tra i tiri più famosi c’è quello di Scheel, ‘Mare allucinante’, un 8b+ liberato nel 1987 dall’allora sedicenne Pierino Dal Prà; Il Somaro, 8a, chiodato da Manolo e Guerrini, e liberato da Mariacher nel 1986; Margherita, il 7a chiodato da Guerrini all’inizio degli anni ‘80.

Il primo tiro che Simone e Lorenza mi hanno fatto provare è lo Spigolo Casarotto, aperto dal basso nel 1974. Scherzano confidandomi che il tiro è diventato una specie di Striscia di Gaza, fonte di una diatriba continua tra i vari fronti di arrampicatori vicentini. 

Subito dopo ho provato la Pancia Casarotto, una salita chiodata negli stessi anni e gradata 6b, ma, mi dicono Simone e Lorenza, qui di solito è bene aggiungere almeno mezzo grado.

Nel frattempo parlo ancora un po’ con Lorenza. Tra le sue parole mi ha colpito una frase che voglio assolutamente riportare qui, perché in parte riassume il motivo delle loro azioni per il recupero di questa falesia: “vorremmo che le nuove generazioni abbiano la possibilità di provare le stesse farfalle nello stomaco che sentiamo noi, quando siamo qui”.

Un concetto è ricorrente in questa mattina soleggiata di marzo: il futuro.

“Un ulteriore obiettivo è mantenere un alto livello di arrampicata, come in passato, per climber internazionali, in particolare per le arrampicatrici, dal momento che mancano molte ripetizioni femminili dei tiri più duri”, afferma Simone.

Ultima domanda, quali tiri consigliereste ai principianti che vogliono arrampicare in Classica?

“I settori Maruska e Scacciapuffi dove ci sono tiri di V grado, la Fessura Rossi* è un altro bel V grado “alpinistico”, il settore nuovo a destra con tiri ben chiodati fino al 6a/6a+.

Sono in molti a considerare i gradi della Classica più severi rispetto a quelli di altre falesie, ma dobbiamo rapportarli agli anni in cui i tiri sono stati liberati.”

Insomma: Simone, Lorenza e Paolo sognavano un progetto ecosostenibile per riqualificare l’ambiente, sensibilizzare gli arrampicatori e preservare il valore storico del luogo.

Hanno aperto il cassetto e hanno concretizzato l’inizio di questo sogno. Ora è tutto in divenire e le cose sembrano andare per il verso giusto.

Io vi auguro il meglio e vi do, nel mio piccolo, il mio supporto.

Anche un piccolo gesto, infatti, può sostenere un grande progetto. Sei dei nostri?

I tiri della falesia li trovi qui, nella relazione di falesia.it

*La Fessura Rossi, sul Sengio di San Cassiano

La storia della Fessura Rossi viene pubblicata nel 1927 nel bollettino sezionale del CAI. La via presenta passaggi di V, V+ e VI- nella parte alta, ma come sempre dobbiamo sottolineare che i gradi sono stati pensati per una salita con materiali e attrezzature dell’epoca.

La prima ascensione fu di Alessandro Rossi, Eugenio Vinante e Bruno Frigo il 2 ottobre 1927.

La parte seguente del racconto non posso riassumerla, devo citarla dal bollettino.

“Il 9 ottobre, Alessandro Rossi volle ripetere insieme con Francesco Padovan la paurosa salita della parete, che è veramente liscia, verticale ed esposta come un muro. Dopo i primi venticinque metri, mentre il Rossi stava in posizione di sicurezza, sventura volle che il Padovan, improvvisamente, precipitasse, causa lo staccarsi di un masso d’un quintale e mezzo. (Caso piuttosto strano, perché la roccia, eccettuati i borni anzidetti, è dappertutto solidissima).

Il Rossi cercò invano di trattenere il compagno. Riuscì però a frenare la corda, lacerandosi le mani. Padovan, dopo 25 metri di volo, cadde in piedi, sopra una specie di lastrone inclinato ove il suo corpo provvidenzialmente scivolò, non riportando che leggere ferite; merito questo del Rossi il quale, più offeso, restò un mese con le mani fasciate.

I paesani, che dal fondo valle assistettero alla scalata con vero raccapriccio, ricordarono il miracolo di vent’anni fa, quando cioè un legnaiolo, messo un piede in fallo, cadde giù dallo stesso Sengio, precipitando per una sessantina di metri senza farsi alcun male, per la protezione del Santo Cassiano. Sulla cima sono ancora visibili, nella viva roccia, l’eremo e le impronte del corpo, mentre più sotto, seguita a zampillare la polla che dissetava l’eremita.

Si trattò dunque d’una forza esteriore o della virtù dei crodaioli? Il fatto è che, come si ebbe a verificare più di una volta, anche il 9 ottobre si confermò il detto dei Lumignanesi:

Dal Sengio de San Cassian chi rùgola resta san!”

Ringrazio ancora Simone Crestani per le foto e le informazioni.


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2 pensieri riguardo “Lumignano Classica: la storia dell’arrampicata, il futuro dell’ecosostenibilità

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