Dove passò Raffaele Carlesso sul Soglio Rosso

Il Pasubio ci sta osservando mentre ci incamminiamo ai suoi piedi verso il Soglio Rosso, pronti ad affrontare la sua parete sulla via diretta, meglio conosciuta come la Carlesso, aperta il 16 luglio 1933 da Carlesso (“Biri”) e Casetta.

Questa via, una delle classiche della zona, è purtroppo oggi molto poco ripetuta, soprattutto per la qualità generale della roccia, discreta e in alcuni punti friabile. Ma l’alpinismo vive anche attraverso la sua storia, non solo sulle performance di chi lo pratica, quindi ci è sembrato doveroso rendere anche noi omaggio a un grande alpinista e a un’ascensione storica del posto. Abbiamo scelto di farlo in cordata con un alpinista che questa via l’ha ripetuta parecchie volte ai suoi tempi, anche per allenarsi alle Dolomiti, Tranquillo Balasso.

Parcheggiamo la macchina lungo la strada per Passo Xomo, ci carichiamo del materiale e ci incamminiamo per circa 45 minuti lungo il sentiero, prima in falso piano e poi in salita, fino all’attacco della via Padovan.

Targa commemorativa all’attacco della Via Padovan

Il cielo, prima azzurro, inizia a farsi tetro e una nebbia grigia ci avvolge. Il meteo non prevede piogge, quindi saliamo tranquilli, convinti che prima o poi la nebbia sarebbe sparita per lasciare spazio al sole. Nulla da fare: umidità e nuvole basse ci accompagnano per tutta la salita, senza offrirci alcuno scorcio del magnifico panorama del Pasubio.

Ma che importa: siamo concentrati sulla via.

Prima di iniziare la via Carlesso è necessario salire il primo tiro della Padovan e attraversare la cengia dei ragni (che abbiamo percorso sempre legati in sicurezza).

primo tiro della via Padovan

All’attacco non troviamo la storica sosta a chiodi, ma una nuova con fix allestita dal Soccorso Alpino. Lungo l’itinerario ogni vecchia sosta è presente, ma con a fianco o vicino una sosta con fix e anelli: un mix tra storicità e modernità che non amo, ma che ai fini della sicurezza è sicuramente importante.

una vecchia sosta

La via è logica: nella prima parte la roccia è discreta, ma soprattutto lungo i canali e i diedri è necessario fare attenzione alle rocce instabili (molto bello il penultimo tiro). 

L’ultimo tiro caratterizza l’intera via: è lo strettissimo camino dove nella sua guida Guido Casarotto avverte che la presenza di uno zaino può risultare scomoda. Noi ne abbiamo uno piccolo (20 litri) e ci siamo passati.

il tratto dell’ultimo tiro prima del camino

Il camino oggi è parecchio umido, il che non agevola la salita soprattutto sugli appoggi, ma la scalata in contrapposizione, tra parete e parete, mi ha aiutato a trascinarmi fuori (le protezioni praticamente non servono: se per sbaglio dovessi scivolare, mi incastro). L’ultima parte del tiro richiede l’uscita dal camino verso sinistra (impossibile sbagliare), un brevissimo tratto esposto non scontato, ma ben appigliato.

Scontata è invece la raccomandazione di fare attenzione alle rocce mobili e ai parecchi detriti presenti sulle cenge.

Arrivati all’uscita proseguiamo sull’erba tra i mughi verso sinistra (viso a monte) fino a trovare la traccia segnalata da bolli rossi. Si costeggia la Guglia del Frate e si arriva alla Bocchetta d’Uderle, si scende a destra il Voro d’Uderle con l’aiuto di una catena e poi per il sentiero, fino alla base del Soglio Rosso. Qui costeggiamo la parete fin sotto il grande camino che divide il Soglio dal Campanile di Val Fontana d’Oro. Scendiamo poi un canale fino ai ghiaioni che ci riportano alla partenza. La discesa mi è parsa infinita, anche se è durata circa due ore.

La soddisfazione, però, ripaga le ore di cammino. Complimenti a Federico che ha tirato l’intera via.

Arrivati quasi alla macchina Federico chiama Sergio Antoniazzi, un altro alpinista e accademico, che la Carlesso l’ha ripetuta decine di volte. Sergio ci invita da lui a bere una birra.

Ci fermiamo a casa sua che ormai è sera e il sole sta tramontando dietro l’ossario: un dipinto chiaro scuro e panorama alla porta di casa di Sergio e la moglie Donata.

Al tavolo, davanti ai meritati bicchieri di birra, ascoltare Tranquillo e Sergio raccontare aneddoti e avvenimenti è uno dei momenti più belli e interessanti. Tra i ricordi c’è anche quello di Roberto Gemo, un grande alpinista protagonista della storia. Ammetto di rimanere a bocca aperta quando ci dicono che Roberto ha salito lo Spigolo Nord dell’Agner in 2 ore e 50 minuti. Tranquillo sorridendo racconta di quella volta che, proprio sull’Agner, mentre lui e i compagni di cordata erano al bivacco poco sotto la cima, Roberto (dopo aver salito lo spigolo ed essere sceso all’auto, è tornato per la Normale con un grosso cocomero da offrire agli amici. Un talento eccezionale con i baffi e una storia nostalgica da artista e funambolo della montagna.

Sergio continua con le sue avventure sul Monte Bianco e sulle Dolomiti, per poi concludere con Tranquillo nel racconto degli allenamenti tradizionali sulle Piccole Dolomiti: pensa che loro e gli amici erano soliti compiere in giornata il Camino Carlesso, lo spigolo Boschetti-Zaltron e la via Carlesso. 

Federico, Martina, Tranquillo, Sergio

Altri tempi, oserei dire. Oggi è tutto diverso, come è giusto che sia: siamo il risultato del cambiamento della società, dell’ambiente, della mente, del modo di vedere e percepire ciò che ci sta attorno, degli obiettivi e dei valori. 

Per quanto mi riguarda, io nell’alpinismo continuo ad ammirare e amare l’umiltà, la caparbietà, il coraggio, l’amicizia, la fiducia, i sogni. È vero, ho solo letto dei libri sull’alpinismo e nelle pagine spesso le parole compongono storie romantiche. Ma se questo romanticismo c’è da parte degli alpinisti che raccontano e degli autori che scrivono, qualcosa di reale ci deve essere, giusto?

E se Lorenzo Massarotto o Batista Vinatzer (cito i primi due alpinisti che mi vengono in mente perché da poco ho letto di loro) hanno lasciato tracce scritte di sé oltre che sulle pareti è stato grazie ai compagni di cordata e agli amici che le hanno raccontate, non per volontà loro di far parlare di sé. Riservati, eclettici, geni ed eroi delle montagne che nel silenzio hanno cercato e trovato la loro strada.

Strano eh? Ammiro il silenzio eppure se qualcuno non parlasse, non potrei conoscere i grandi alpinisti della storia e del presente, e le loro imprese. Che paradosso!

Dunque grazie anche a chi ha svelato e a chi ha parlato delle proprie esperienze e di quelle degli altri. 

Il passato è stato raccontato, sta a noi e ai futuri alpinisti conoscerlo e portarlo nel nostro e nel loro domani. Ciò non significa restare indietro, ma non dimenticare i fautori di quel che è e che sarà.

E un’ultima cosa: il mio umilissimo invito a ripetere questa e altre vie che purtroppo stanno per essere a poco a poco dimenticate. 

È come sfogliare un libro di storia: non è necessario, ma apre la mente ed è utile a farci capire da dove siamo partiti.

“L’alpinismo è una educazione fisica e morale, è una grande scuola di vita.”

R. Carlesso

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Raffaele Carlesso, nato a Costa di Rovigo il 15 settembre 1908, si trasferisce nella nostra zona nel 1932 per lavorare nei lanifici di Schio e Valdagno. È proprio qui che si inserisce tra gli alpinisti della famosa epoca del VI grado. Frequenta con assiduità le Piccole Dolomiti, dove apre vie sul Baffelan nel 1935, sul Soglio Rosso nel 1933 e sull’Uderle: un’esperienza che gli serve per affrontare le immense pareti delle Dolomiti. Entra nel CAAI a 23 anni grazie alla ripetizione nel 1931 della via Solleder alla Civetta e a due famose prime: nel 1934 la parete sud della Torre Trieste con Bortolo Sandri e nel 1936 la parete ovest della Torre di Valgrande con Mario Menti. Nell’epoca dell’alpinismo eroico queste vie furono considerate tra le più difficili, con difficoltà di VI e artificiale. 

Di seguito riporto le sue vie più famose, raccolte nel sito del CAAI:

  • Via Soldà-Carlesso – Punta Sibele – 1933 – nuova via diretta da est con M.L. Orsini, 300 m, VII-
  • Camino est – Soglio d’Uderle – 4 giugno 1933 – prima salita della parete est per il gran camino con T. Casetta e A. Colbertaldo, 250 m, VI-
  • Via Carlesso-Menti – Sengio della Sisilla – 1933 – salita dello spigolo sud-est con M. Menti, 120 m, VI+ e A1
  • Diretta Carlesso – Soglio Rosso – 16 luglio 1933 – via diretta alla parete sud con T. Casetta, 300 m, VI
  • Via Carlesso-Sandri – Torre Trieste – 7 e 8 agosto 1934 – prima via da sud con B. Sandri, 700 m, fino a VIII-
  • Carlesso-Casetta – Baffelan – 1935 – via diretta alla parete est a destra dei grandi tetti con T. Casetta, 250 m, V+
  • Via Carlesso-Menti –Torre di Valgrande – 1936 – prima salita da nord-ovest con M. Menti, 500 m, VI e A2
  • Via Carlesso – Campanile di Val Montanaia – 1961 – salita della fessura est, 120 m, VI+

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